Salesiani di don Bosco
I salesiani giunsero a Sondrio il 24 settembre 1897, accolti alla stazione ferroviaria dal Sindaco della città, il dott. Attilio Toccalli, da monsignor Stoppani, arciprete, da don Alfredo Miotti e da un altro canonico della Collegiata. Lo sparuto numero di salesiani era mandato da don Rua, primo successore di don Bosco, che aveva accolto le insistenti richieste del cardinal Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di Como, ma soprattutto del primo canonico della Collegiata di Sondrio monsignor Alfredo Miotti, fratello del vescovo di Parma, perché i figli di don Bosco "raccogliessero i figli abbandonati del popolo, onde fossero educati cristianamente ed istruiti nelle scuole elementari per apprendere in seguito un mestiere nell'Istituto stesso".
Formavano il gruppo dei pionieri don Federico Moratti, primo direttore dell'opera, il chierico Pestarino Paolo e il coadiutore Roddi Giuseppe, accompagnati dall'economo generale della Congregazione don Luigi Rocca. Con l'Istituto fu affidata ai salesiani anche la chiesa di San Rocco. Nelle cronache della casa viene riportato che detta chiesa "aveva l'aspetto d'una spelonca, più che di una chiesa" per la trascuratezza in cui era stata lasciata da tempo.
I primi ospiti dell'Istituto furono quaranta ragazzi presentati dal "Comitato". Quaranta problemi vivi, abituati alla libertà della strada, refrattari ad ogni disciplina, alle premure e all'assistenza dello scarso personale. Don Lorenzo Capra, redattore delle prime cronache della casa, affermava che «i giovani avevano bisogno di freno; ché invero non conoscevano cosa fossero ordine e disciplina. Ritengo che nella Patagonia non vi fosse di peggio e non bastarono i mesi dell'anno per indurli a un ordine compatibile".
Accanto all'Istituto si pensò di far funzionare subito l'Oratorio. Niente strutture: solo uno spazio aperto e la disponibilità dei salesiani, animati dall'amore verso i ragazzi, attrezzati con un metodo semplice per capirli e stare con loro. Da subito furono numerosi: più di centosettanta.
Così tra Istituto, chiesa di san Rocco e oratorio si iniziava a delineare la presenza salesiana in questa città.
Le difficoltà iniziali furono tali e tante che il direttore don Federico Moratti, affaticato e scoraggiato, fu sostituito dal nuovo direttore don Lorenzo Capra. Non mancarono anche in seguito avversità di tipo economico, di relazioni tese con il "Comitato", di perplessità dei Superiori di Milano e di Torino circa la validità e la possibilità di sopravvivenza dell'opera in Valtellina. Ma il nuovo direttore don Lorenzo Capra, uomo deciso, seppe affrontare le situazioni di incertezza che mettevano in forse la presenza dei salesiani a Sondrio. Si recò direttamente a Torino da don Michele Rua, Rettor Maggiore, per ricorrere al suo intervento e dare una svolta risolutiva all'opera.
Ottenne ciò che voleva. Don Rua autorizzava l'apertura di un Convitto per studenti aperto all'intera Valle e inoltre raccomandava la cura e il potenziamento dell'Oratorio. Egli stesso poi visiterà l'opera di Sondrio nel mese di giugno del 1904, suscitando entusiasmo per il carisma educativo salesiano e impartendo una benedizione speciale alla casa i cui benefici effetti continuano tuttora. La tradizione vuole che, arrivando stanco e affaticato dal viaggio, si sia seduto su di un sasso davanti alla chiesa di san Rocco. Il sasso esiste tutt'ora e i frequentatori dei salesiani lo chiamano amichevolmente "il sasso di don Rua".
Fu così che nel volgere di pochi anni l'opera salesiana di Sondrio diventa un punto di riferimento sicuro per molte famiglie non solo della provincia di Sondrio, ma anche dell'alto Lario, della Valsassina e della bresciana Valcamonica. Numerosissimi sono gli exallievi di tutte le età che ricordano con intenso piacere gli anni dei loro studi passati dai salesiani a Sondrio.
Nello stesso anno in cui arrivavano i salesiani a Sondrio anche le Figlie di Maria Ausiliatrice iniziavano la loro presenza in Valtellina a Tirano, e successivamente a Baruffini e a Regoledo, per la direzione e la cura della scuola d'infanzia della Fondazione Quadrio Curzio.
Il carisma salesiano deposto come piccolo seme nei solchi di questa terra metteva radici e nel tempo avrebbe prodotto messi mature in vocazioni alla vita religiosa, sacerdotale e missionaria.
Culla di salesiani illustri
Ricordiamo qui solo alcune figure che hanno fatto onore alla Valtellina, sia tra i salesiani sia tra le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Don Plinio Gugiatti, sacerdote pieno di bontà, umiltà e amore, Ispettore in Sicilia e nella Lombardo-Emiliana, morto ancora giovane all'età di 53 anni.
Don Albino Del Curto: eroe dell'Equador, uomo di giustizia e di pace, grande costruttore, ma sempre anche grande evangelizzatore.
Don Carlo Braga, l'uomo che ebbe tre patrie: l'Italia, la Cina e le Filippine, il don Bosco dell'Estremo Oriente.
Don Giuseppe Parolini, il "Patagone" di Vetto di Lanzada, grande sostenitore della causa di canonizzazione di Zefirino Namuncurà, il "Domenico Savio" della Patagonia.
Don Giuseppe Quadrio, venerabile, uomo dal sorriso di fanciullo e prete del nostro tempo, modello di vita sacerdotale.
I Fratelli De Censi: Ferruccio, l'uomo che visse il dolore per amore e Ugo, il fondatore dell'Operazione Mato Grosso, tuttora missionario infaticabile in Perù.
I Fratelli Viganò: Angelo, ispettore e direttore della LDC e della rivista del Sacro Cuore; Francesco, direttore in varie case importanti e ora alle Opere Sociali Don Bosco di Sesto San Giovanni; Egidio, settimo successore di don Bosco, che partecipò al Concilio Vaticano II come teologo del cardinal Silva Henriquez e di cui quest'anno ricorre il 20° anniversario della morte. I sondriesi, riconoscenti, gli hanno dedicato una piazza adiacente al retro dell'Istituto, al centro della quale si erge un busto che lo raffigura. Ulteriore segno di affetto e stima che la città ha nei confronti dei salesiani.
Tra le Figlie di Maria Ausiliatrice nominiamo solo suor Maria Troncatti, originaria di Corteno Golgi (BS), ma legata alla Comunità di Tirano, beata, missionaria nella selva amazzonica, cuore di Madre per tanti figli, solidale con i poveri e aperta ad ogni aiuto. Donò la sua vita per la pacificazione tra i coloni e gli Shuar.
La comunità di Sondrio nel corso della sua storia ha poi annoverato molti salesiani che hanno lasciato un segno indelebile nella popolazione. Iniziamo con don Luigi Borghino, che contendeva a don Lorenzo Saluzzo l'onore di essere considerato il "don Bosco della Valtellina". Fu per trentasei anni ininterrottamente nella comunità di Sondrio. Una lapide collocata all'ingresso dell'oratorio dice di lui: "Direttore dell'oratorio, sacerdote sapiente fatto tutto a tutti, suscitatore di vocazioni, educatore e padre della gioventù sondriese amata con il cuore di don Bosco". Di lui scriveva don Egidio Viganò, exallievo dell'oratorio di Sondrio e settimo successore di don Bosco: "Quando rivedo don Borghino non penso alla scienza, né alla tecnica, non penso all'oro né al benessere, non penso alla salute né alla politica: penso a Dio. E ciò è sublime". Di lui ancora aggiunge che la sua presenza "è stata una visita di Dio alla città di Sondrio".
Accanto a don Borghino ricordiamo don Lorenzo Saluzzo, che aveva conosciuto don Bosco e ne fu testimone in Valtellina per ventidue anni. Un grande direttore dal tratto signorile. Fondò la casa di Milano e fu direttore anche a Ravenna e a Chiari "Rota".
Continuiamo citando don Raul Maffeis, un toscanaccio dal cuore umile, ospitato nella comunità di Sondrio per motivi di salute e divenuto una benedizione per questa comunità come sacerdote apprezzato e ricercato per il suo ministero. E poi don Renzo Ottilini, il prete degli exallievi, don Pietro Frigerio, salesiano esuberante e allegro, sempre di corsa, don Vittorio Rosa, lavoratore infaticabile, animatore nella prima spedizione Omg, originale direttore dell'oratorio e inventore del "Torneo Amaro 18 Isolabella", don Vittorio Chiari, esuberante personalità di educatore e di sacerdote, che aveva l'arte di farsi voler bene dalla gente e sapeva camuffare la sua profondità spirituale con la battuta arguta, lo scherzo inaspettato o l'allegria rumorosa. Grande comunicatore in profondità e con semplicità sia nella predicazione sia nella conversazione personale sia attraverso l'arte teatrale. Dove c'era lui vi era un'atmosfera di allegria salesiana.
I salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice a Sondrio oggi
L'azione della Comunità salesiana oggi s'inserisce nel tessuto della città con l'oratorio, con il servizio alla chiesa di san Rocco, con il Convitto per gli studenti di scuola superiore e con la scuola d'infanzia.
L'oratorio, pur non essendo parrocchiale, è molto frequentato. Situato in un quartiere popoloso, è ben animato dal suo incaricato don Stefano ed ha una pluralità di proposte catechistiche, sportive, ludiche, ricreative e formative, di accompagnamento nel dopo-scuola, difficilmente riscontrabili in altri oratori, per la lunga tradizione salesiana che ha alle spalle. La chiesa di San Rocco è uno dei simboli del sentimento di devozione e pietà caro ai valtellinesi e si inserisce nel contesto ecclesiale dell'Unità Pastorale delle parrocchie di Sondrio.
Anche la scuola d'infanzia, animata dalla Comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice contribuisce a radicare e diffondere il carisma salesiano sul territorio a partire dalle giovani famiglie. Un'attenzione più ampia sul territorio è riservata al Convitto per studenti delle classi superiori. Offre la possibilità agli studenti dell'Alta Valle di frequentare le scuole presenti in città per curare la loro formazione umana, professionale e cristiana, secondo lo stile di don Bosco continuando una tradizione ormai centenaria. La Famiglia Salesiana è presente sul territorio anche con i Salesiani Cooperatori, gli exallievi, le exallieve e molteplici gruppi missionari: gruppi attivi e vivaci che tengono desto il carisma.
Il fiume di persone che ha accompagnato l'Urna di don Bosco al suo passaggio, nel febbraio 2014, ci spinge a riprendere e a vivere lo slogan di quei giorni e dire a pieni polmoni "don Bosco è qui". La Famiglia Salesiana in Sondrio si sente incoraggiata a ravvivare il cuore oratoriano, per essere segno di speranza oggi per tanti giovani, pur non nascondendo le difficoltà e le incertezze che il futuro porta con sé.
Lavorare perché i giovani diventino "onesti cittadini e buoni cristiani", proporre la Spiritualità Giovanile Salesiana e portarli all'incontro con Gesù per "essere felici nel tempo e nell'eternità" come voleva don Bosco, è per tutti noi ancora il principio ispiratore di ogni nostra giornata.
articolo a cura di don Franco Rustighini e don Stefano D'Aprile – tratto da Bollettino Salesiano di marzo 2015